Quando si aspetta un bambino si aprono un mondo di domande legate al lavoro: quando dirlo al capo? Quanto dura il congedo di maternità e quanto è l’indennizzo? E poi, quando torni al lavoro che cosa succede? Oggi cercheremo di rispondere a tutte le tue domande!
Congedo di maternità: quando prenderlo, quanto dura e indennità
Prima di passarci ci sembra tutto chiaro, sappiamo bene che ci sono alcuni mesi obbligatori e altri facoltativi pagati meno. Quando poi tocca a noi, ci assalgono le incertezze e ci chiediamo: come funziona la “maternità”? Eccolo spiegato!
Il congedo di maternità vero e proprio dura un totale di 5 mesi, che possono essere così distribuiti:
- Due mesi prima del parto e tre mesi successivi
- Un mese prima del parto e quattro successivi
- Cinque mesi dopo il parto
Come distribuirli dipende da diversi fattori: la salute della mamma, il nullaosta del ginecologo e una scelta personale.
Se sono molte, infatti, a lavorare fino alla fine dell’ottavo mese, ovviamente se le condizioni di lavoro e di salute lo permettono, sono meno le mamme che decidono di andare avanti anche durante il nono. A parte che serve un permesso speciale del ginecologo, ma ne parleremo meglio più avanti.
L’indennità di maternità corrisponde all’80% dello stipendio (a carico dell’INPS). Per alcuni settori (a seconda dello specifico inquadramento CCNL) è prevista un’integrazione da parte del datore di lavoro.
Per esempio, nel commercio si arriva al 100% dello stipendio.
Durante la maternità si maturano regolarmente le ferie, mentre per l’integrazione di tredicesima e quattordicesima mensilità (dove prevista) bisogna riferirsi a quanto prevede il singolo CCNL.
Dopo questi 5 mesi obbligatori, puoi decidere se avvalerti di quella che comunemente viene chiamata “maternità facoltativa”, che in realtà è il congedo parentale. L’indennità in questo caso corrisponde al 30% dello stipendio (a carico INPS).
La maternità facoltativa, ovvero il congedo parentale
Il periodo di astensione facoltativa dal lavoro può essere richiesto anche dal papà!
Dal 13 agosto 2022, i mesi di congedo parentale sono saliti a 9 (prima eran o 6), distribuiti in questo modo:
- 3 mesi per la mamma
- 3 mesi per il papà
- 3 mesi a disposizione dell’uno o dell’altro, a scelta
Durante il periodo di congedo parentale si maturano ferie, tredicesima e quattordicesima.
Il congedo parentale può essere richiesto consecutivo, frazionato o ad ore. Che cosa significa? Che puoi usarlo di seguito alla maternità obbligatoria, oppure prendere una settimana successivamente, per esempio per l'inserimento al nido, oppure usarne qualche ora ogni settimana.
Può essere usato fino al dodicesimo anno di vita del bambino.
L’INPS li corrisponde al 30% dello stipendio, sempre tramite il datore di lavoro in busta paga.
Dal 2023 il primo mese di congedo parentale è pagato all'80% per uno dei due genitori.
La legge di Bilancio 2024 estende un secondo mese pagato al 80% per l'anno 2024 e al 60% dal 2025 in poi, per chi ha terminato il congedo di maternità o paternità entro il 31 dicembre 2023.
Quando comunicare la notizia al lavoro?
Sembra incredibile ma secondo la legge non c’è alcun obbligo di comunicare la gravidanza al datore di lavoro con un certo anticipo, si potrebbe fare anche un giorno prima dell’inizio del congedo.
A parte che sarebbe difficile nascondere la gravidanza con il pancione ben evidente, per una questione di rispetto sarebbe bene informare il lavoro con anticipo, in modo che possano organizzarsi per tempo per la sostituzione o la ridistribuzione delle mansioni.
La situazione cambia in caso di gravidanza a rischio o di lavoro a rischio: in questi casi c’è l’obbligo di informare il datore di lavoro tempestivamente per consentire all’azienda di adottare le misure necessarie per proteggere la vostra salute.
Molti preferiscono aspettare la fine del primo trimestre, che è il più delicato, prima di avvisare il datore di lavoro. Siamo di fronte ad una scelta personale: alcune potrebbero essere più serene a comunicarlo subito, soprattutto se le nausee delle prime settimane costringono ad assenze.
Lavori a rischio: quali sono e come funziona la maternità anticipata
I lavori considerati a rischio sono quelli che espongono la futura madre a:
- Sostanze tossiche o nocive per la salute
- Temperature troppo elevate o troppo basse
- Forti rumori e vibrazioni
Inoltre sono vietate le mansioni faticose, come:
- Trasporto e sollevamento pesi
- Stare in piedi o in una posizione scomoda e stancante per un periodo prolungato
- Lavorare di notte
Se le tue attività lavorative rientrano in una o più di queste categorie, il datore di lavoro ha l’obbligo di spostarti ad un’altra mansione non a rischio, mantenendo inalterata la qualifica e la retribuzione.
Inoltre, una volta che lo hai messo al corrente del tuo stato di gravidanza, il datore di lavoro è tenuto ad informarti su tutti i possibili rischi per la tua salute e sicurezza presenti in azienda e sulle misure di protezione che intende adottare.
Se non è possibile adottare misure di sicurezza o non è possibile modificare la tua mansione, verrà disposta l’interdizione anticipata dal lavoro, ovvero la maternità anticipata.
Questo congedo aggiuntivo si somma ai 5 mesi obbligatori, e sarà corrisposto dall’INPS per l’80% dello stipendio.
In generale, per qualsiasi lavoro, è vietato richiedere alla donna in gravidanza orari di lavoro prolungati e straordinari.
Lavoro in fabbrica
Il lavoro in fabbrica può rientrare facilmente nel lavoro a rischio, ma tutto dipende dalla mansione.
Gravidanza e lavoro in ospedale
Il lavoro in ospedale può rientrare nei casi di lavoro a rischio per via dei turni notturni e dell’esposizione ad agenti biologici.
Per la donna in gravidanza e in allattamento il Decreto Legislativo n. 645 del 25 novembre 1996 (integrato nel testo unico 151/2001) prevede la valutazione del rischio di esposizione ad agenti biologici per la singola operatrice, ovvero per i singoli casi.
E quando ritorno al lavoro? Allattamento e malattia del bimbo
Insieme alla maternità inizi anche a fare ipotesi su quando potresti rientrare al lavoro e a come organizzarti, anche se poi molto dipende anche da come ti senti ed è difficile fare ipotesi a priori. Meglio però essere informati dei tuoi diritti, in modo da avere tutti gli elementi per prendere la decisione migliore per te e la tua famiglia!
Abbiamo già parlato del congedo di maternità obbligatoria, della durata di 5 mesi. Ma come si calcola la data di rientro al lavoro partendo da questi?
Si parte dalla data presunta del parto o quella effettiva, tenendo in considerazione quella più favorevole al lavoratore.
In parole povere: se partorisci prima della data presunta, i mesi restanti si contano dalla data presunta. Se partorisci dopo la data presunta, si calcola dalla data effettiva del parto.
E se in questo modo la mia maternità dura 5 mesi e due settimane? Nessun problema, rientra comunque nei 5 mesi obbligatori.
Della possibilità di aggiungere a questo periodo di congedo anche 6 mesi di congedo parentale, pagati al 30%, abbiamo già parlato.
Concentriamoci invece sul permesso di riposo per allattamento: ad ogni lavoratrice spettano due periodi di riposo da un’ora, con orario da concordare con il datore di lavoro, fino a un anno del bambino.
Se hai un part time fino a 6 ore giornaliere, ti spetta un’ora di allattamento al giorno.
Le ore di permesso per allattamento sono a carico dall’INPS al 100%, retribuite direttamente in busta paga.
Come faccio se mio figlio sta male?
E sappiamo quando iniziano l’asilo è più il tempo che sono malati che quello in cui sono sani.
Esiste un congedo per malattia del figlio: i genitori (alternativamente) hanno diritto ad astenersi dal lavoro per tutta la durata della malattia del figlio fino ai suoi 3 anni.
Dai 3 agli 8 anni del figlio l’astensione è di massimo 5 giorni l’anno.
Il congedo per malattia del figlio non è retribuito.
Come presentare la domanda di maternità
La domanda di maternità dovrebbe essere presentata prima di usufruire del congedo, ma per legge è possibile farlo anche entro un anno dalla fine del periodo indennizzabile. Per le lavoratrici a partita IVA, non è possibile fare richiesta del congedo fino all’effettiva nascita del bimbo.
Ecco come puoi presentare la domanda di maternità:
- In autonomia tramite il portale dell’Inps (vi servirà lo SPID di Poste Italiane)
- Chiamando il Contact Center al numero verde 803164
- Tramite il patronato, il Caf, il commercialista o il consulente del lavoro
Congedo di maternità dipendenti pubblici
Funziona tutto allo stesso modo dei dipendenti di aziende private, con cinque mesi obbligatori pagati all’80%, congedo parentale, ecc.
Maternità con partita IVA
Per le lavoratrici professioniste le cose sono un pochino più complesse e ci si sente meno tutelate. Hanno diritto al congedo di maternità obbligatorio, che può essere richiesto una volta nato il bambino.
L’importo che l’INPS corrisponde, sempre all’80%, si calcola sulla base del reddito calcolato sull’anno precedente alla nascita.
Lavorare fino al 9 mese di gravidanza, sì o no?
Se il ginecologo ritiene che il tuo stato di salute sia idoneo a continuare a lavorare anche nel nono mese e che non ci siano pregiudizi sulla salute tua e del piccolo, può firmarti un certificato speciale. In questo modo puoi concentrare il congedo di maternità nei 5 mesi dopo la nascita (ddl 1334 Legge di Bilancio 2019) e passare più tempo con il tuo bimbo dopo il parto.
Non va però sottovalutata l’importanza di prendersi uno spazio “libero” prima del parto. Potresti essere appesantita, stanca, con difficoltà a dormire e con la testa tutta concentrata sul tuo bambino in arrivo.
Inoltre, dovrai prepararti a un grande cambiamento, psicologico, biologico e sociale. È un momento in cui si ha bisogno di acquistare risorse mentali preziose, che ti serviranno per il parto e dopo.
E il papà?
Il padre ha diritto al congedo di paternità nel caso in cui la compagna sia deceduta o abbia una malattia grave, se è l’unico genitore affidatario, oppure se la madre rinuncia del tutto o in parte al congedo di maternità.
Dal decreto legislativo 105 del 30 giugno 2022 il padre ha in ogni caso diritto a 10 giorni lavorativi retribuiti al 100%, non fruibili ad ore, utilizzabili anche in maniera non continuativa.
Dando un preavviso al datore di lavoro di almeno 15 giorni, possono essere utilizzati nel periodo compreso tra i 2 mesi antecedenti il parto (considerando la data presunta) e i 5 mesi successivi.
In caso di parto plurimo, la durata del congedo è di 20 giorni.
Questo diritto è riconosciuto anche al padre adottivo o affidatario ed è autonomo rispetto a quello della madre.
Queste informazioni sono aggiornate al giorno 14/12/2022 e sono state redatte avvalendosi della professionalità di un consulente del lavoro.